Stamattina sono sceso in cantina per pescare nella 'riserva discount' di mio padre un rosso adatto per accompagnare la tasca di vitello ripiena preparata da mia madre, e la polenta che mi accingevo a rimestare. Fatta quasi interamente con farina di grano saraceno e una piccola parte di farina di mais 'fioretto'.
Tra le varie bottiglie ho notato l'etichetta della linea da supermarket di Fontanafredda, azienda langarola comparsa proprio nel post precedente. Langhe Doc Nebbiolo 2006. Proviamolo. Lo porto in cucina e lo lascio un'ora ad acclimatarsi mentre, tra una rimestata col tarel e l'altra, continuo la lettura de La solitudine dei numeri primi, bestseller scritto, guarda caso, proprio da un piemontese.
Stappo il vino, annuso il tappo e... tombola. Rovinato. Muffito. Il sughero secco e compattissimo, il vino inacidito. Sarà un caso ma l'assaggio sorprendente del Dolcetto La Lepre rimane una lieta sorpresa per un'azienda che, almeno nella linea da supermercato, continua a lasciarmi scettico. Un numero primo anch'esso, insomma, quel Dolcetto fortunato. Ridiscendo negli inferi dei vini da discount, lascio il Piemonte e cerco consolazione in Sardegna.
Sardegna Doc Cannonau 2007 Sella e Mosca
Stavolta il tappo non ha difetti di conservazione. Il vino ha colore rosso brillante con sfumature granate. Al naso è assai poco invitante. Il sottile strato di frutti rossi e acidelli come amarene e ribes è soffocato da un prepotente sentore selvatico. E' quello che gli esperti chiamano cuoio ma che qui è più complesso e comprende un po' tutto il mondo dei cavalli, dal sudore alla sella bagnata fino allo stallatico.
A questi si aggiunge un evidente sentore sapido come quello che si ha quando si apre un barattolo con il sale nella nostra casa al mare rimasta chiusa per un anno. E, infine, delle sgraziate note balsamiche che dovrebbero richiamare la macchia mediterranea e quindi il mirto, il pino d'aleppo o il corbezzolo e che invece ricordano tanto l'olezzo delle cimici schiacciate.
In bocca ha una buona freschezza ma è 'polveroso', caldo e mediamente tannico. E' meno sgraziato che al naso, anche se sono sempre evidenti le note selvatiche e 'verdi', con l'aggiunta di un pizzico di pepe verde che chiude l'assaggio.
Insomma, indipendentemente da un prezzo che sarà certamente molto basso, diciamo che l'azienda sarda più famosa sul continente con questo Cannonau ha toppato. C'è decisamente di meglio. Sia nella sua vastissima gamma per tutti i portafogli, sia in quella di altre aziende, pure 'da supermercato'. Perché se è questa la tanto giustamente decantata 'tipicità' dei vitigni autoctoni italiani come, appunto, il cannonau, no grazie. Tutta la vita un merlot del Veneto.
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